critica
Gennaio 2015  Raffaele Della Rovere: RYTHMÒS
di Stefania Severi

La ricerca che da anni Raffaele Della Rovere porta avanti nella sua scultura è incentrata sulla esplicitazione del concetto di Rythmòs, nel senso originale di movimento misurato, a cadenza. Il ritmo è sotteso a tutte le sue sculture, indipendentemente dalla materia usata (alluminio, bronzo e gesso) e dalle tematiche che nel tempo affrontate, e che possono essere in massima parte riportate a tre filoni di ricerca: il kouros, la Nike e l’ápeiron.
Il kouros è, nella cultura greca antica, l’ideale maschile dell’atleta-guerriero, “kalòs kai agathòs - bello e buono”, esemplare di una estetica che ha per linee guida la mimesi idealizzante. Dall’Arcaismo all’Ellenismo, tale figura è andata acquistando un progressivo dinamismo e Della Rovere, recuperando il tema a distanza di più di duemila anni, ha accentuato la ricerca del movimento fino a farlo diventare parossistico. L’esito finale è l’approdo di un work in progress che dalla rigidità arcaica giunge alla dinamica contemporanea.
Ne consegue una sostanziale alterazione della forma originaria, non ignara della scultura di Giacometti e di Boccioni. Pertanto lo scultore risolve questa figura “classica” in silhouette filiformi, caratterizzate da posizioni inusuali ed elastiche, lontane dall’originario naturalismo. Il cambiamento è strettamente correlato alla sostanziale trasformazione del concetto di “kalòs kai agathòs”.
Nella realtà contemporanea il “bello” non si integra necessariamente col “buono”, anzi, spesso è il bellimbusto o l’atleta dopato, non più l’esemplare difensore della polis-società. Il kouros di oggi deve pertanto risultare diverso dall’antico, in quanto deve opporsi ad una concezione di vita in cui gli ideali della polis sono naufragati. Il kouros di oggi è quello di Della Rovere. Questo kouros, nella lotta impari col mondo corrotto, ha perso l’originaria perfezione estetica, ma non per questo è meno eroico.
Il ritmo di queste membra scandisce il tempo del riscatto.

La Nike è la vittoria alata che plana sul vincitore per assegnargli la fama. Per lo scultore tale soggetto trova la sua sintesi ideale nelle sole ali in volo, che rappresentano la più alta aspirazione dell’uomo, destinato suo malgrado a rimanere a terra. Anche se il volo umano ha raggiunto in questi ultimi tempi esiti per secoli insperati, esso rimane tuttavia un fine a cui continuare a tendere. Queste preziose ali di Della Rovere rappresentano – per sua espressa dichiarazione dal momento che le ha indicate come “Nike” – la vera vittoria dell’uomo, che è la capacità di elevarsi, se non in termini fisici certamente in termini metafisici. Il ritmo di queste ali è sempre annuncio di speranza ed aspirazione ai massimi ideali.
 
Incentrato sulla dialettica delle forme tridimensionali è il gruppo di sculture che include “Ápeiron”,“Alfa” e “Omega”, queste ultime dedicate rispettivamente alla prima e all’ultima lettera dell’alfabeto greco, simboli dell’infinito nella cultura giudaico-cristiana.
E’ interessante sottolineare che la parola greca “ápeiron”, formata da “a-“ (non) e “peirar” (limite), indica l’infinito, origine e principio di un movimento continuo. Secondo la filosofia di Anassimandro, “ápeiron” è una realtà infinita, indefinita, eterna, origine dell’universo e in continuo movimento. Secondo il filologo Giovanni Semeraro (1911-2005), la parola deriverebbe invece da “eperu”, polvere, nella lingua accadica, una lingua semitica parlata nell’antica 
Mesopotamia con indubbie relazioni con l’ebraico, pertanto ricollegabile al concetto di Genesi “polvere eri e polvere ritornerai”. E’ interessante sottolineare che la contaminazione tra le culture greco-romana e giudaico-cristiana è più profondo di quanto non si pensi, e questo Della Rovere l’ha intuito da artista.
I volumi e le superfici di queste sculture oggettivano situazioni conflittuali nelle quali emerge la natura dei concetti figurali, nati dalla positiva interferenza tra l’aspetto concettuale e quello figurale, anche se talvolta contraddittori. La rappresentazione di queste superfici, siano esse tridimensionali o bidimensionali (si notino i disegni), può essere sempre riletta e interpretata tramite concetti. Ma più spesso la componente figurale tende a liberarsi dal controllo formale (sfera, cubo, cilindro, cono…) e a non dipendere più dalle definizioni. La comunicazione linguistica, per chi non si intenda di fisica e di matematica, è necessariamente carente, ma non per questo il concetto forma è meno seduttivo e meno empaticamente e visivamente fruibile. Anzi, colpisce proprio come queste forme riescano ad essere “diverse” mutando anche di poco il punto di vista. Ben più statica è la forma geometrica concettualmente definita, come la sfera e il cubo, la cui fruizione, mutando il punto di vista, risulta sempre riconoscibile e riconducibile a se stessa.
Queste opere stimolano il ragionamento deduttivo che guida il fruitore a dichiarare vero ciò che vede, trasformando la percezione in un processo attivo e personale. Il ritmo profondo della forma si fa ritmo sinusoidale che si amplifica in quello dell’osservatore.
Raffaele della Rovere, con le sue opere, dimostra che la linea mitico-filosofica greca, pur con origini nel più lontano passato, ha ancora oggi la capacità di inverarsi nel presente e di sollecitare la creatività.

LINK: https://www.youtube.com/watch?v=BtnQgx4QBQA
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